La figura del guardiano del faro è tra le più emblematiche e suggestive, evocando l’immagine di un uomo solitario che vive in simbiosi con il mare.
È una figura romantica che ci ha affascinato attraverso film, romanzi e serie televisive. I fari hanno sempre rappresentato una guida sicura per le navi in transito, eppure, oggi, questa professione storica si trova a fronteggiare una realtà in netto cambiamento. Scopriamo insieme i compiti e l’evoluzione di questa figura professionale, che sta lentamente scomparendo sotto la spinta della tecnologia moderna.
La figura del guardiano del faro, noto anche con termini come farista, ha assunto significati differenti nel corso della storia. Nei secoli trascorsi, in particolare nell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento, l’operatore del faro era indispensabile. Questi custodi delle luci marittime avevano il compito di garantire la sicurezza delle imbarcazioni vicino alle coste. Mentre oggi si può pensare che i fari siano semplicemente automi che illuminano il mare, in passato ogni custode doveva occuparsi di numerosi aspetti pratici per mantenere in funzione le sue torri luminose.
A quei tempi, le lampade all’interno dei fari erano alimentate con olio di paraffina, il che significava che il farista doveva costantemente monitorare la lanterna. Anche piccoli malfunzionamenti potevano avere gravi conseguenze. Per esempio, doveva anche caricare il meccanismo di rotazione e mantenere tutto l’impianto in ottime condizioni. La sua era una vita di impegno e devozione; la luce del faro doveva brillare anche nelle notti più tempestose.
Con il passare degli anni e un’evoluzione tecnologica che portò all’introduzione delle lampade elettriche negli anni ’80, il lavoro del farista iniziò a trasformarsi. Sebbene le luci elettriche richiedessero meno manutenzione rispetto alle loro controparte a olio, l’essere umano rimaneva fondamentale per la supervisione. Già in quel periodo i sistemi di controllo remoto venivano implementati, offrendo ai guardianı più flessibilità nel loro operato.
Non vanno dimenticati anche i segnali sonori dei fari, come speciali trombe che avvisavano delle presenze in caso di nebbia fittissima. Anche questi dispositivi erano sotto il controllo del guardiano, che doveva essere sempre pronto a garantire la massima sicurezza per i naviganti.
Oggi, i fari italiani rientrano sotto la giurisdizione della Marina Militare Italiana, e le modalità di assunzione sono cambiate nel tempo. Fino al 1994 per diventare guardiano del faro bisognava superare un concorso pubblico, un passo fondamentale per accedere a questa professione così storica. Oggi, invece, ci sono percorsi formativi più specializzati, come quelli che si svolgono a La Spezia, che preparano i futuri operatori a entrare nel Servizio dei Fari e del Segnalamento Marittimo.
Attualmente, nel territorio italiano esistono 147 fari e ben 727 fanali marittimi, comprese le boe luminose. Tuttavia, la tecnologia ha reso questo lavoro meno necessario. Con il continuo avanzare dei sistemi di segnalazione e monitoraggio, i faristi oggi si occupano principalmente di attività di manutenzione periodica. La maggior parte dei fari può essere controllata e gestita da remoto, e questo ha portato a un drammatico calo della richiesta di guardiani del faro.
È previsto che il numero dei guardiani in attività si riduca drasticamente nei prossimi anni, con proiezioni che indicano una possibile scomparsa della figura entro il 2030. Al momento attuale, si stima che in Italia ci siano circa un centinaio di guardiani del faro, una cifra che rappresenta un’ombra di ciò che una volta era una professione rispettata e vitale. L’evoluzione dei tempi e delle tecnologie ha infatti trascinato un’intera categoria verso una progressiva estinzione, lasciando dietro di sé una storia ricca di avventure e dedizione al mare.
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