In Italia, il drammatico fenomeno della povertà alimentare tra i bambini sta crescendo e colpisce un numero allarmante di famiglie.
Oltre 200mila bambini fino a cinque anni vivono una realtà difficile, dove la mancanza di un pasto adeguato assume contorni preoccupanti. In particolare, le zone del Sud presentano dati che mettono in evidenza un problema sempre più grave. Questo articolo analizza la povertà alimentare e le sue conseguenze, esaminando i dati più recenti e le disuguaglianze che emergono in tutto il Paese, dall’istruzione agli asili nido.
Come emerso dall’Atlante dell’Infanzia pubblicato da Save The Children, il fenomeno della povertà alimentare colpisce un sorprendente 8,5% dei bambini nel nostro Paese. I fragmenti di questo rapporto sono più drammatici nel Sud Italia, dove la percentuale di piccini che vive in condizioni precarie arriva a toccare il 12.9%. Significativo è anche il dato riguardante la povertà energetica. Quasi un bambino su dieci, pari al 9,7%, ha affrontato problemi di riscaldamento nelle proprie case, vivendo così in un ambiente non idoneo. Le famiglie si trovano a lottare quotidianamente per garantire un semplice pasto proteico ogni due giorni e spesso le conseguenze si ripercuotono anche sulle fasi successive della vita dei piccoli.
Questo quadro, seppur inquietante e pesante, non è una novità. A preoccupare non è solo la cifra in sé, ma il trend crescente che si evidenzia rispetto agli anni scorsi. Ad esempio, nel 2021 la povertà alimentare si attestava solo all’8,6%. I danni legati a simili privazioni non si limitano ai primi anni di vita, ma creano effetti a lungo termine sulla salute e sul benessere delle nuove generazioni. Ogni privazione sperimentata, quindi, diventa un fattore di trasmissione della povertà alle generazioni future, creando un circolo vizioso quasi inarrestabile.
Il 2023 segna un nuovo record negativo per la natalità in Italia. Con meno di 380mila nuovi nati, il futuro dei più piccoli appare minacciato. Save The Children, nel suo recente studio, ha sottolineato questa drammatica evoluzione parlando di “sempre meno bambini e sempre più poveri“. Nello specifico, l’Istat ha evidenziato che il 13,4% dei bambini sotto i tre anni vive in povertà assoluta, e la situazione è peggiore nella fascia che va dai 4 ai 6 anni, dove si raggiunge addirittura il 14,8%. Alla luce di questi dati, il Paese affronta un delicato problema demografico, dove si prevede una “desertificazione” di certe aree urbane e rurali.
Le cifre parlano chiaro. In 340 comuni italiani, per esempio, non è nato nemmeno un bambino e ben 72 comuni non registrano nessuna nascita di bambini sotto i due anni. Questa realtà tocca in modo particolare il Piemonte, che al momento risulta essere la regione con il più alto numero di comuni privi di bambini sotto i tre anni. Purtroppo, la Sardegna registra una bassa incidenza di bambini da zero a due anni, posizionandosi all’1,49%, a differenza della Provincia di Bolzano, che risulta invece avere un tasso di natalità del 2,76%. Senza un’inversione di tendenza, l’Italia rischia di trovarsi di fronte a una crisi demografica senza precedenti.
Uno degli aspetti più critici della situazione attuale riguarda l’accesso agli asili nido. Secondo uno studio realizzato da Save The Children in sinergia con Svimez, le regioni del Sud, come la Campania e la Sicilia, non raggiungeranno nel 2026 neanche la copertura del 33% per quanto concerne i posti disponibili nei nidi. Qui, la Campania si attesta al 29,6% e la Sicilia al 25,6%, con una notevole incidenza di bambini in età prescolare e alti tassi di povertà minorile. Nonostante gli sforzi previsti dal Pnrr, il gap territoriale è destinato a rimanere marcato, con effetti diretti sulla crescita e l’istruzione dei più piccoli.
Dal report emerge, ad ogni modo, che l’iniziativa di investire nel potenziamento della rete degli asili nido comporterà un aumento significativo della copertura a livello nazionale, portandola oltre dieci punti percentuali, fino al 41,3%. Alcune regioni, come il Molise, potrebbero addirittura superare il target del 45% previsto dall’Unione Europea per il 2030. Le regioni più virtuose in materia includono l’Emilia-Romagna, l’Umbria e l’Abruzzo, ma la situazione varia drasticamente in relazione al contesto territoriale. La Lombardia e il Trentino, per esempio, si avvicinano ai livelli di copertura richiesti ma il divario tra Nord e Sud è ancora evidente. È quindi fondamentale mettere in campo politiche efficaci per affrontare questi temi, altrimenti il futuro dei più piccoli resterebbe a rischio.
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