CINEMA E TV

Kinds of Kindness, Lanthimos divide ma perché dovete correre al cinema?

L’ultimo lavoro di Yorgos Lanthimos, Kinds of Kindness, ha diviso e continuerà a farlo come tutti i film della sua carriera. Regista straordinario, come tutti i grandi talenti è uno di quelli su cui si farà sempre polemica.

Il film in tre episodi ha alzato un polverone, per alcune scelte stilistiche non comprese dai più, e lo ha fatto più di Povere Creature! che come La Favorita è stato un film più lineare e decisamente di più facile lettura.

Si è tornati al Lanthimos criptico di inizio carriera, quello del non detto, della sottrazione, un regista per alcuni motivi vicino a Stanley Kubrick, per altri a Robert Bresson, passando per Lars von Trier e mettendo insieme tre stili totalmente differenti ma allo stesso tempo penetranti e interessanti.

Lo fa con un film divisivo che fin dalla struttura con tre storie cerca di creare nel pubblico confusione. Lo fa con i mezzi a sua disposizione e con uno stile maestoso e mai banale, ma lo fa anche deridendo e scherzando un po’ con il pubblico, in maniera intelligente, anche se in alcuni punti provando a esagerare e a non farsi capire.

Come fanno i grandi geni c’è riuscito anche lui, dimostrando di avere un passo in più rispetto agli altri e lo farà ancora a lungo.

Kinds of Kindness, critiche e toni altri

Kinds of Kindness è uno di quei film che probabilmente verranno capiti a fondo solo diversi anni dopo la sua uscita e proprio per questo dovreste correre al cinema per guardarlo. Un film che merita di essere visto e rivisto più volte per coglierne le sfumature e lo stile sopra le righe, con tanti riferimenti, spunti colti e trame nascoste.

Lo fa con personaggi straordinariamente integrati in un mondo dove rinunciano a tutto, anche a sé stessi, pur di trovare accettazione, comprensione, riconoscimento. Eppure quello che rimane dentro al pubblico, anche quello più colto, è che qualcosa sfugge, non riesce ad arrivare, non si può capire a fondo.

Kinds of Kindness stupisce (ANSA) NuovoTeatroAriberto.it

Il pubblico è convinto di trovarsi di fronte a un film forse un po’ troppo egocentrico, pretestuoso, un esercizio di stile, invece dietro a ogni scelta c’è un’immagine, una volontà e l’intelligenza di chi questo straordinario film l’ha disegnato in ogni sua sequenza e in ogni connotato dal suo inizio alla fine.

Chi non l’ha visto dovrebbe rimediare subito e contribuire all’analisi di un film che non è sicuramente facile di lettura.

Matteo Fantozzi

Giornalista pubblicista dal 2013 è laureato in storia del cinema e autore di numerosi libri tra cui “Gabriele Muccino il poeta dell’incomunicabilità” e “Gennaro Volpe: sudore e cuore”. Protagonista in tv di trasmissioni come La Juve è sempre la Juve su T9 e Il processo dei tifosi su Teleroma 56.

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