David Lynch è un regista davvero straordinario, che nel corso della carriera ha diretto molti capolavori. Non di certo Dune, uno dei suoi film più criticati.
E le polemiche sono tornate a farsi sentire dopo che su quella storia ci ha messo mano Denis Villeneuve, regista decisamente meno talentuoso ma che in questo contesto ha saputo muoversi meglio.
Dune è stato di fatto il passo falso della carriera di Lynch, film dalla lunga gestazione che ha avuto anche tanti problemi dal punto di vista produttivo. Ne ha parlato lo stesso artista ai microfoni di NPR, specificando che gli errori di questo film gli hanno permesso di crescere come professionista.
Tra le cose che ha voluto svelare c’è quella di non aver mai avuto, di fatto, il controllo sul film a causa di molti problemi lungo il percorso. Alla fine è uscito un prodotto che non è piaciuto a nessuno, che la critica ha stroncato, il pubblico bocciato e lo stesso regista mal digerito. Non è di certo la prima volta che Lynch ci torna sopra, dimostrando che per lui questa rimane di sicuro una ferita ancora aperta e che fa male.
Lynch durissimo, cosa ha detto?
David Lynch ha sempre dimostrato di pretendere moltissimo da sé stesso e questo si è capito anche da come ha parlato spesso di Dune, film che è stato di fatto il momento più complicato di tutta la sua carriera.
L’artista ha specificato: “Il mio film Dune è stato un fallimento. Si doveva avere il final cut prima di firmare per fare il film, ma per qualche motivo, pensavo che tutto sarebbe andato bene e non ho inserito il final cut nel mio contratto. È andata a finire che Dune non era il film che volevo fare, perché non avevo l’ultima parola io”.
Ha aggiunto: “Questa è una lezione che conoscevo già prima, ma ora non c’è modo. Perché qualcuno dovrebbe lavorare tre anni su qualcosa che non gli appartiene? Perché farlo? Sono morto dentro. La colpa è stata mia per non aver saputo mettere quella clausola sul contratto”.
Il film è stato rinnegato da Lynch stesso che più volte ha sottolineato come non sentisse sua quell’opera per non aver avuto la minima possibilità di esprimersi, come avrebbe voluto, nel percorso del racconto.