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Perché “fare un quarantotto” è sinonimo di caos e rivoluzione?

Dire “fare un quarantotto” rappresenta un modo di esprimere la creazione di un caos tale da mettere in discussione ogni cosa,ma perché?

Questo interessante modo di dire si collega nel profondo ai tumultuosi avvenimenti del 1848, un anno di grandi sconvolgimenti rivoluzionari in Italia e in diverse nazioni d’Europa. Ma di cosa si tratta esattamente? Scopriamo insieme le origini e i significati di questa famosa espressione.

Per comprendere a pieno l’espressione “fare un quarantotto”, è utile fare un salto indietro nel tempo, precisamente all’anno 1848. Questo periodo è passato alla storia come l’anno delle insurrezioni e dei moti rivoluzionari, un momento di efervescenza politica e sociale che travolse molte nazioni europee. In quel tempo, l’Europa si trovò impreparata di fronte a un’ondata di ribellioni contro i governi monarchici, con popoli in lotta per l’indipendenza e la libertà. In particolare, l’Italia fu il teatro di intensi moti, con la popolazione che si sollevava contro l’oppressione austriaca.

I fermenti esplosivi di quel periodo furono noti come la “Primavera dei Popoli”. Da Milano a Venezia, le città italiane vibravano di spirito di ribellione e desiderio di unità nazionale. A Milano, le celebri Cinque Giornate di Marzo segnarono una lotta decisiva per l’indipendenza, mentre Venezia tentava di liberarsi dal giogo austro-ungarico. Le insurrezioni non erano solo locali ma riflettevano un’avventura collettiva per il popolo italiano, che anelava a un futuro unificato. Mentre nelle altre città si lottava per la libertà, anche il Regno delle Due Sicilie visse le sue tensioni interne. La Sicilia, storicamente incline all’autonomia, si sollevò contro il governo centrale che sottometteva le sue aspirazioni.

La repressione di queste insurrezioni fu dura. Sebbene alcune popolazioni ottenessero successi temporanei, l’ombra della violenza si allungò sulle strade europee, con i governi che risposero in modo tempestivo e spesso violento. Nonostante le delusioni e le sconfitte, l’eco di quegli eventi del ’48 si fece sentire ancora a lungo, incisa nella memoria collettiva come un simbolo di rivolta e cambiamento.

Significato contemporaneo di “fare un quarantotto”

Negli ultimi anni, ecco che l’espressione “fare un quarantotto” ha mantenuto intatto il suo significato originario di generare caos e disordine. Tuttavia, ha saputo adattarsi alla vita quotidiana, lontanandosi dal contesto storico per abbracciare una connotazione più ampia. Oggi viene spesso utilizzato per descrivere situazioni in cui le cose sfuggono al controllo, ritrovandosi in disordini imprevisti, sia nel contesto domestico che in quelli sociali e lavorativi.

Documento d’epoca che racchiude il senso del fare un 48 (Foto FB @focusstoria – nuovoteatroariberto.it)

In questo uso più moderno, “fare un quarantotto” presenta anche un certo fascino, evocando immagini di tumulto e confusione. Con altri modi di dire che possiamo trovare, come “fare un macello” o “creare scompiglio“, l’espressione rimane particolarmente potente. La sua evocazione di una rivolta, di un cambiamento improvviso e drammatico, riesce a racchiudere in sé un senso di imprevedibilità. Questo non è solo un termine per descrivere il caos, ma un richiamo alla storia: un pulsare di vita che ci ricorda quanto possa essere fragile il nostro senso di ordine.

La ricchezza di “fare un quarantotto” ci porta a riflettere su come il passato informi il presente. Purtroppo, le tensioni e le sfide che hanno caratterizzato quel periodo sembrano rimanere sempre vive in noi. E così, questa espressione continua a vivere nella nostra lingua, portando con sé le cicatrici di un’epoca di lotta e determinazione.

Rocco Grimaldi

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